Troina, il sindaco Venezia risponde alle accuse di Sgarbi pubblicando la relazione del professore Marini

Maurizio Marini
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Le polemiche delle ultime ore relative al quadro “Ritratto di Paolo III col camauro” attribuibile al Tiziano e acquistato dal Comune di Troina, su cui il noto critico d’arte, Vittorio Sgarbi, ha sollevato dubbi sulla sua autenticità, ha prodotto l’immediata risposta del sindaco di Troina, Fabio Venezia, che in diversi post su Facebook ha risposto alle accuse di Sgarbi.

Tiziano Ritratto di Paolo III col camauro jpgCon tutto il rispetto per Sgarbi, – afferma il sindaco di Troina – già coinvolto in diverse indagini per autenticazioni di false opere d’arte, sull’attribuzione a Tiziano Vecellio del “Ritratto di Paolo III Farnese”, donato a un prezzo simbolico al Comune di Troina dall’avvocato Ugo Miano, si è tra gli altri pronunciato il professore Maurizio Marini, tra i massimi studiosi al mondo di Caravaggio e grande conoscitore dell’arte nell’età della Controriforma”.

Ecco cosa scrive il professore Marini il 10 giugno 2003: “Conosco da molti anni questo “Ritratto di papa Paolo III Farnese” (seduto, col capo coperto dal camauro e con una ‘memoria’ nella mano destra, sullo sfondo, a destra, una finestra con uno scorcio paesistico – olio su tela, cm 135×98 – in eccellente stato di conservazione) e reputo che si tratti di un significativo autografo di TIZIANO VECELLIO (Pieve di Cadore, 1488 c – Venezia, 1571).

Tale riferimento (che correda il quadro fino al XIX secolo, quando face parte dell’eredità dei principi Giovannelli) si è ancor più confermato nel riesame dei diversi ritratti che l’artista fece al pontefice, tra i quali intendevo sceglierne uno da inserire nelle illustrazioni di miei contributi storico-artistici sui Farnese, non tralasciando che, nel 1546, il cardinale Alessandro aveva voluto a Roma Tiziano quale pittore di corte. Implicita la scelta di quello in oggetto, che, comunque, potei confrontare con altre immagini analoghe dello stesso artista. In tal senso, escluso il grande ritratto di “Paolo III coi nipoti” (non finito), oggi a Napoli, Pinacoteca di Capodimonte, sussistono quattro ritratti papali di Tiziano, in tre dei quali (di misure differenti) è raffigurato col camauro: A – cm. 108×80, Napoli, Capodimonte; B – cm. 98×79, San Pietroburgo, Ermitage; C – cm. 89×78, Vienna, Kunsthistorisches Museum, in linea di massima tutti databili al 1546 circa, nel periodo in cui, come detto, il maestro veneto è a Roma.

Tutti questi sono accomunati anche nella posa, ma con piccole varianti nei dettagli. Il quarto (pure a Napoli, Capodimonte, cm. 114×80), a capo scoperto si daterebbe al 1543, in relazione alla presunta esecuzione in quell’anno, a Bologna, dove il pontefice ebbe l’incontro con l’imperatore Carlo V.

Tra le osservazioni immediate va notato che tra i ritratti col camauro, quello ‘sub judice’ risulta di misure più ampie (elemento non trascurabile, poiché le copie sono di norma uguali o più piccole rispetto all’originale); quindi che l’aspetto del pontefice non è decrepito come negli altri tre; infine che l’iconografia con la finestra riscontra con la versione di Capodimonte che si data al 1545-1549.

Da ciò si evince che, verosimilmente, la tela in esame deve essere ricondotta al 1543 e individuata con maggiore sicurezza nel ‘ritratto’ che Tiziano esegue con estrema rapidità nel breve soggiorno bolognese, costituendo, perciò, una variante della versione a capo scoperto realizzata per evidenziare come i capelli del papa siano ancora parzialmente scuri e, quindi, si tratta di una scelta politica dell’immagine. Nondimeno anche quella in esame, con tutte le varianti inserite, tende allo stesso fine con una scelta ancora più abile, da maestro della suggestione iconografica. Infatti, al di là della patina con la quale sono velati la barba e i baffi, proprio questi e l’attacco del camauro vengono a sottolineare con decisione il tratto scuro di barba (con una minima sfumatura di bianco) sulla guancia: dettaglio che attendibilmente, dipende dall’osservazione diretta del modello, ma che, di conseguenza, nelle altre versioni, assume il valore di un puro riferimento chiaroscurale, pittorico”.

Dalla relazione del professore Marini si evince una netta contraddizione con le conclusioni a cui è giunto Vittorio Sgarbi. Purtroppo tra i due non potrà esserci un confronto diretto, in quanto Maurizio Marini è deceduto nel 2011.

Da aggiungere che Vittorio Sgarbi non ha analizzato direttamente il quadro e quindi le sue conclusioni sono puramente teoriche. Sarebbe opportuno che il noto critico d’arte venisse a Troina, analizzasse l’opera e solo in quel caso, senza pregiudizi, emettesse un giudizio definitivo sul quadro.

 

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