PALERMO (ITALPRESS) – “Cresce in Sicilia l’ondata di aggressioni contro il personale sanitario. Tra i casi più recenti: il 21 gennaio a Termini Imerese e all’Umberto I di Enna; il 16 giugno al Cannizzaro di Catania; il 5 ottobre allo Zen di Palermo contro il 118; tra il 5 e il 7 ottobre in vari ospedali siciliani; il 16 ottobre al San Marco di Catania; il 21 ottobre a Palermo un’altra aggressione a un operatore del 118”. A lanciare l’allarme è l’Omceo – Ordine dei medici di Palermo.
“La frattura tra medici e pazienti è ormai cronicizzata e i medici per la paura scappano dagli ospedali, verso il privato o all’estero. Ad oggi, mancano circa 1.500 medici, i più giovani disertano anche le scuole di specializzazione, soprattutto in emergenza-urgenza”, denuncia, a nome di tutti gli iscritti, Toti Amato, presidente dell’Ordine dei medici di Palermo.
“Per rispondere alla grave carenza di medici, la Regione siciliana ha avviato di recente il reclutamento di medici stranieri, principalmente da Argentina e Cuba, con 16 arrivi a febbraio, 100 a novembre, e altri ne arriveranno. Nel frattempo però la fuga dei medici prosegue ed è molto grave perchè non si tratta più solo di un fatto economico, visto che hanno salari tra i più bassi d’Europa, ma perchè vivono costantemente nell’angoscia di essere aggrediti. I sanitari chiedono migliori condizioni di lavoro e sicurezza. Comprendo l’urgenza del reclutamento, ma è doveroso che ogni misura straordinaria si accompagni a strategie di lungo respiro e non posso esimermi dal sottolineare le conseguenze di questa scelta per rispondere ai bisogni di salute, che deve invece puntare a trattenere i nostri medici”, aggiunge Amato.
Il presidente dei medici lancia poi un appello ai cittadini: “I siciliani devono sapere che il giorno in cui non si saranno più medici da aggredire, non ci saranno più i servizi e quelli che rimarranno avranno una serie di criticità. A partire dalle barriere linguistiche e culturali con cui dovranno misurarsi i medici stranieri, pur essendo professionisti qualificati. La Sicilia ha una forte identità dialettale e la loro interazione potrebbe essere più difficile che altrove, compromettendo la qualità delle cure e il rapporto fiducia con il paziente. Inoltre, i sistemi di formazione medica sono diversi a seconda del Paese di provenienza, e questo potrà portare a discrepanze nei protocolli. Saranno necessari programmi di adattamento e formazione ulteriori, che comportano costi aggiuntivi per il nostro sistema sanitario, già in crisi profonda”.
“Un altro problema si presenterà sul piano dell’integrazione professionale e sociale perchè spesso – conclude Amato – i medici stranieri lavorano temporaneamente e se non riescono ad adattarsi al contesto possono decidere di andarsene dopo pochi anni, aumentando il turnover e destabilizzando le strutture ospedaliere. Non si può neppure ignorare la possibile disparità salariale perchè rischiano di essere assunti con contratti meno favorevoli dei loro colleghi italiani, alimentando un clima di tensione. Senza contare poi che assumere personale medico da Paesi in via di sviluppo alimenta la fuga di cervelli in quei luoghi, aggravando le disuguaglianze sanitarie globali”.
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