Nella ormai nota, cornice dell’ex Stazione di Leonforte, in una serata dal sapore autunnale con un cielo scuro illuminato da qualche lampo ad integrare, quasi, la scenografia, è andato in scena, mercoledì scorso, “Settaneme”: spettacolo teatrale proposto dalla “Compagnia Teatro del Bianconiglio” di Eboli (Sa) in concorso al “Premio città di Leonforte”.
Ambientato in una sorta di limbo fuori dal tempo, in una dimensione ancestrale e primordiale, lo spettacolo presenta “sette anime” dannate da un oblio che le costringe a girovagare, non trovando pace neanche dopo la morte; anime che rivivono le leggende che incarnano quasi come in un’antica tragedia greca.
Utilizzando il dialetto campano dalla suggestiva musicalità, le anime raccontano le proprie storie: storie di dolore, di sofferenza, di soprusi, di corruzione a voler ribadire la miseria della condizione umana che diventa preludio della dannata condizione di “attesa” dopo la morte. Presenti sulla scena, con il proprio carico di dolore, la strega Angelella (Daniela Della Rocca) condannata al rogo dalla Santa Inquisizione; la vergine Isabella Marcangione ( Maria Gioia Naponiello) uccisa dai fratelli per gelosia; la “maara” ( Sara Rocco), donna nata il giorno di Natale e per questo destinata a trasformarsi in bestia ad ogni plenilunio; “a strangulatora” (Lucia Lanzara), angelo della buona morte che libera dal tormento del vivere i malati senza speranza; un prete corrotto ( Umberto Del Priore) e un avvocato ucciso dalla mafia salernitana del XVII secolo ( Bruno Di Donato). A legare i vari momenti, una misteriosa Anima Narratrice (Serena Urti) che con domande dirette e numerose provocazioni, incarna quella sorta di fil rouge indispensabile al ritmo della narrazione.
In concorso al “Premio Città di Leonforte” alle sezioni: “ Miglior Spettacolo”, “Migliore Regia” ( Bruno Di Donato), “ Migliore Attrice Protagonista” ( Lucia Lanzara), “Migliore Attore Protagonista” (Umberto Del Priore) e “Migliore Caratterista” (Serena Urti), “Settaneme” ha avuto la capacità e la grossa intuizione di trasportare il pubblico in una “dimensione altra” in cui le paure ancestrali prendono vita e diventano corpi e voci narranti.
A fare da protagonista la musica e soprattutto la tammurriata fondamentale nel corpus della narrazione e nell’alternanza delle storie raccontate dai protagonisti.
Le “sette anime” sono anime dannate, anime vaganti, anime dimenticate. Si definiscono “acqua passata, ombre riflesse sui muri, racconti di cattivi esempi, spiriti vaganti, nome bestemmiato, sangue già versato”.
Ad aleggiare sulla scena, un forte senso di inquietudine ed un interrogativo ad accompagnare il pubblico presente: perché se è vero che non si muore mai veramente fino a quando si è vivi nel ricordo di qualcuno, cosa succede quando muore anche il ricordo?
Francesca Tremoglie |