Attilio Manca aveva 34 anni quando venne ritrovato morto riverso sul letto, per terra una pozza di sangue, nel braccio sinistro due buchi, a pochi metri due siringhe da insulina. Originario di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata col sistema laparoscopico. I magistrati di Viterbo sono sicuri che si tratti di un decesso per overdose, causato dall’assunzione di eroina, alcol e tranquillanti. Peccato che il giovane medico sia un mancino puro, quei buchi dunque si trovano sul braccio sbagliato. Tutti i suoi colleghi escludono che Attilio facesse uso di droga. Troppe le cose che non tornano in questa storia. Per i familiari si tratta di un omicidio camuffato da suicidio. La morte del figlio, dicono, è da collegare con l’operazione di cancro alla prostata cui, nel settembre del 2003, è stato sottoposto a Marsiglia Bernardo Provenzano, capo dei capi di Cosa nostra, nascosto sotto falso nome e la cui latitanza, durata più di 40 anni, secondo i magistrati di Palermo, fu favorita da pezzi dello Stato. Attilio avrebbe visitato e curato il boss in Italia, sia prima sia dopo l’intervento in Francia e non è escluso che fosse presente anche in sala operatoria.
Questa triste vicenda tutta siciliana, verrà raccontata venerdì 29 gennaio alle ore 10 presso l’aula magna dell’Istituto Alessandro Volta di Nicosia, presente l’autore del libro “Un <<suicidio>> di mafia” il giornalista Luciano Mirone, interverranno anche il dirigente scolastico Prof. Felice Lipari, l’Avv. Enzo Guarnera, il Prof. Antonello Catania, la Prof.ssa Maria Assunta Gullotta, la Prof.ssa Giuseppina Caniglia, modererà gli interventi la Prof.ssa Salvatrice Buttò.
Si parlerà di questa inchiesta avvincente, che cerca di fare luce su uno dei casi più clamorosi dell’ultimo decennio. |