Semi di marijuana: cosa prevede la legislazione vigente

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Per la legge italiana l’acquisto o il possesso di semi di marijuana non costituisce reato, al contrario della loro coltivazione. Cerchiamo di chiarire la normativa che disciplina la materia, così da evitare di incorrere in sanzioni che potrebbero essere anche molto pesanti.

La filiera della canapa è cresciuta in modo vertiginoso dal 2017, anno in cui è iniziata la commercializzazione di prodotti a base di cannabis, ad oggi.

Lo testimoniamo sia i tanti negozi sparsi sul territorio che i numerosi eCommerce che trattano questa tipologia di prodotti, come Sensoryseeds: uno shop online di semi tra i più grandi in Europa, che è noto per la sua vasta offerta di semenze certificate e di alta qualità.

Sebbene il trend di crescita sia lontano dall’esaurirsi, vi sono alcuni aspetti legali ancora da chiarire. Vediamoli in questo articolo, partendo dalla normativa attualmente vigente.

Quando la canapa è legale per la legge italiana

È la legge n. 242 del 2016 ad aver aperto la strada alla vendita in Italia della cannabis legale e dei suoi derivati. Dal 2017 è infatti possibile acquistare legalmente prodotti a base di canapa, purché quest’ultimi presentino una concentrazione di THC inferiore allo 0,2% (da qui il nome di cannabis light).

Chiaramente, la cannabis light non è considerata droga proprio per il bassissimo contenuto di delta-9-tetraidrocannabinolo (noto come THC), sostanza dagli effetti psicotropi che può dare dipendenza e che rientra a tutti gli effetti tra le sostanze stupefacenti ai sensi della legge 412/1974.

Quando parliamo di cannabis light ci riferiamo, dunque, a preparati che vengono ricavati utilizzando piante di canapa la cui coltivazione avviene sulla base di semenze certificate, le quali dovrebbero garantire il rispetto delle soglie di THC fissate dalla legge.

Questo passaggio è fondamentale, poiché traccia la differenza tra un prodotto legale e uno illegale. Ribadiamo, infatti, che la cannabis legale, proprio per la presenza irrisoria di THC, non solo non presenta effetti psicotropi (o droganti), ma risulta di fatto innocua e priva di effetti collaterali.

I semi di canapa sono sottoposti a restrizioni di legge?

Come abbiamo visto, il THC viene ricavato dai fiori delle piante di canapa. Se ne desume quindi che i semi di marijuana non contenendo questo principio attivo possono essere acquistati senza restrizioni di sorta, o più correttamente dovremmo dire che non sono esplicitamente vietati dalla normativa in esame.

Poiché tuttavia non è possibile garantire che dalle semenze nascano piante con contenuto di THC entro i limiti di legge, la coltivazione dei semi di marijuana resta vietata per legge.

Questo orientamento, tuttora in vigore, emerge espressamente dal testo unico delle leggi in materia di stupefacenti (DPR 309/90). Ciò, nonostante la Corte di Cassazione, in una recente sentenza, abbia espresso parere di natura opposta, laddove afferma che la coltivazione della cannabis in ambito domestico e per impiego individuale non costituisce reato (Sezioni Unite, sentenza 19 dicembre 2019).

Come appare evidente, questo recente orientamento apre una breccia in favore della depenalizzazione della coltivazione della cannabis per autoconsumo. E in tale direzione si muove anche il disegno di legge recentemente presentato alla Camera dal M5S nell’intento di superare l’ambiguità della normativa vigente.

Depenalizzazione della coltivazione della cannabis: cosa c’è da aspettarsi?

In modo conforme all’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, il ddl presentato alla Camera dei Deputati (e in prima battuta approvato in Aula dalla Commissione Giustizia) vorrebbe segnare un cambio di passo rispetto al passato, sostanzialmente basato sull’introduzione di due importanti novità.

La prima proposta riguarda la depenalizzazione della coltivazione di cannabis, qualora sia finalizzata all’uso personale e riguardi modeste quantità: si possono coltivare fino a quattro piante.

La seconda proposta concerne, invece, una riduzione delle pene detentive per i reati di lieve entità, le cui pene massime passerebbero dagli attuali quattro anni a poco più di due anni (due anni e due mesi per la precisione). Tale prescrizione non verrebbe tuttavia applicata nel caso di cessione di stupefacenti a minori.

Infine, il ddl reca anche la previsione di una giornata nazionale dedicata alla prevenzione dei danni causati dagli stupefacenti e da altre sostanze dannose per la salute.

È del tutto evidente che se l’iter in Parlamento del ddl avesse esito positivo, il provvedimento arrecherebbe un cambio di direzione significativo al quadro normativo attualmente vigente.

Per dovere di cronaca, tuttavia, osserviamo come a seguito delle recenti elezioni politiche, l’orientamento che sembrerebbe prevalere oggi in Aula è quello di affossare il ddl e conseguentemente riaffermare un approccio punitivo sul consumo di droghe leggere.

In definitiva, sebbene la filiera della canapa sia vissuta, tanto dal mondo industriale quanto dalla politica, come una risorsa economica dalle enormi potenzialità, il futuro della legislazione sulla cannabis si prospetta incerto in quanto la questione della legalizzazione delle droghe leggere resta in primo piano e torna ad essere oggetto di scontro tra le forze politiche.

La speranza, non solo per i consumatori di prodotti a base di cannabis, è che nel definire il nuovo quadro normativo (rimasto pressoché fermo al 1990) si tenga conto degli aspetti economici che si riversano in questo settore: un indotto che vale oltre quaranta milioni di euro di fatturato e migliaia di posti di lavoro.

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