Le criticità che sempre più frequentemente fanno assurgere l’aeroporto internazionale di Catania a problema di almeno due terzi della Sicilia, invece che ad una sua grande risorsa, non si possono più considerare congiunturali. Sono strutturali e come tali vanno affrontate. È quanto nota l’università Kore di Enna, dove è attivo l’unico corso di laurea in ingegneria aerospaziale della Sicilia.
Il prof. Giovanni Tesoriere, ordinario ad Enna di strade ferrovie e aeroporti e tra i più autorevoli nella comunità accademica, ricorda a tutti: “è stato sufficiente un limitato incendio nella zona arrivi dell’aerostazione per fare chiudere una delle più importanti infrastrutture di trasporto per la Sicilia, dimostrando, ancora una volta, come l’aeroporto di Catania abbia la necessità di essere totalmente ripensato e come l’attuale piano di sviluppo dell’aeroporto sia assolutamente inadeguato alla futura domanda di trasporto”.
L’infrastruttura di Catania, al contrario degli aeroporti di molte grandi città italiane, ha mantenuto lo stesso sito sin dalla sua inaugurazione avvenuta il 5 maggio 1947. Il primo ampliamento dell’aeroporto si ebbe con l’avvio della costruzione di una aerostazione inaugurata nel 1950. Diversi interventi si sono avuti negli anni settanta ed una nuova aerostazione venne inaugurata nel 1981, sempre rincorrendo inutilmente e mai prevedendo lo straordinario trend di crescita. In ultimo, nel 2007 è stato realizzato il nuovo terminal dimensionato per 6,5 milioni di passeggeri, ancora una volta in ritardo.
Interventi ulteriori sono stati effettuati e sono previsti un po’ in tutte le componenti dell’aeroporto: terminal, pista, aree di sosta, parcheggi per le auto, sistemi di accesso, e sempre ma irrimediabilmente parziali e in definitiva improduttivi. Perché? “Perché, risponde il prof. Tesoriere, per quanti interventi si possano realizzare, vengono lasciati irrisolti i veri grandi problemi dell’aeroporto di Catania”.
Tesoriere elenca le principali criticità strutturali: la viabilità di accesso, fortemente urbanizzata ed antropizzata, che rende impossibile qualsiasi progetto di adeguamento funzionale; il ridotto sedime aeroportuale, che non permette di adeguare le aree terminal all’incremento dei passeggeri; il limite nel numero dei parcheggi disponibili per gli aeromobili, soprattutto nel caso di voli di tipo intercontinentale, del tutto irrisolvibile nel sito attuale. In questo quadro, la proposta di realizzazione del prolungamento dell’attuale pista aeroportuale, con il necessario interramento della ferrovia, ha oneri elevatissimi che non sono assolutamente giustificati.
Catania è attualmente al primo posto in Italia per traffico aereo nazionale, può e deve aspirare a diventare un grande hub intercontinentale da 50 milioni di passeggeri. Palma di Maiorca, in un arcipelago che è meno di un quarto della Sicilia, conta già 40 milioni di passeggeri.
L’unica possibilità di un effettivo sviluppo di medio-lungo periodo per l’aeroporto di Catania passa dalla realizzazione di una nuova area terminal dislocata a qualche chilometro dall’attuale, nella piana di Catania, dotata di piste e piazzali per gli aerei intercontinentali di nuova generazione, da specializzare per i voli internazionali. Il terminal “B” dovrebbe essere poi collegato con l’attuale terminal “A”, per i voli nazionali, con un sistema di navetta ad alta velocità a guida automatica, capace, in pochi minuti, di movimentare i passeggeri tra le due strutture.
L’università Kore, che diversi anni fa propose un suo progetto basato proprio sulla piana di Catania, si propone come sede di incontro e di elaborazione per uno studio di fattibilità che coinvolga tutti gli atenei della Sicilia e i governi nazionale e regionale. Non è più tempo di interventi tampone sul passato ma di iniziative concrete per il futuro.
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