Presente e futuro dei movimenti di protesta nati sull’onda della crisi idrica

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Sono ancora allo stato nascente i movimenti popolari che stanno comparendo in molti comuni dell’ennese per protestare contro il razionamento dell’acqua con turni che arrivano fino ad una settimana e le bollette dagli importi molto alti.

La loro protesta si rivolge contro le istituzioni che gestiscono il servizio idrico integrato. Proprio perché sono ancora allo stato nascente, questi movimenti spontanei di protesta si estingueranno se, come tutti sperano, ci saranno piogge così abbondanti da riempire l’invaso dell’Ancipa e riportare alla normalità l’erogazione giornaliera dell’acqua. Se, come purtroppo si prevede, queste piogge invece non arriveranno e la situazione peggiorerà, allora questi movimenti usciranno dallo stato nascente per strutturarsi ed attrezzarsi in modo adeguato ad affrontare il confronto con le istituzioni.

E’ questa la fase più delicata della vita dei movimenti da cui dipende la loro sopravvivenza. Individuare con precisione le istituzioni verso le quali orientare la protesta, è la prima cosa che questi movimenti devono fare.

Non è operazione semplice per due motivi: in primo luogo, manca un’analisi delle scelte fatte da queste istituzioni che hanno condotto alla situazione attuale; la responsabilità è diffusa perché sul servizio idrico integrato hanno competenze, in misura diversa, molte istituzioni pubbliche e private. Questi movimenti nascono dalla spinta di un profondo e diffuso disagio che le donne avvertono e vivono per prime perché su di loro ancora grava il peso delle attività di cura della famiglia.

Anche le attività economiche ne risentono gli effetti, ma le reazioni di protesta dei titolari delle impese non sono ancora vivaci e visibili come quelle delle donne. Se la situazione dovesse volgersi al peggio al punto di obbligarli a chiudere le loro imprese, gli operatori reagiranno in modi che non sono facili da prevedere.

Permanendo questa situazione di crisi idrica, la protesta da sola non basta. I movimenti devono avere una chiara visione di dove vogliono andare a parare. Una visione che sappia cogliere le connessioni degli aspetti della realtà dai quali traggono origine, come la crisi idrica, con altri aspetti quali lo spopolamento per mancanza di lavoro e carenza di servizi essenziali come istruzione, sanità e mobilità che caratterizza l’area interna in cui questi movimenti operano.

Se gli viene a mancare l’acqua, e per di più il territorio in cui vivono è ritenuto idoneo al deposito di scorie radioattive, gli abitanti di questi comuni hanno altri due motivi in più per andarsene. Solo con una visione complessiva che tenga conto di tutti questi aspetti della realtà, strettamente connessi tra di loro, possono fare delle proposte credibili e praticabili per alleviare il disagio presente e per prevenire che si ripeta nei prossimi anni la crisi idrica attuale.

Al momento non c’è alcuna forma di coordinamento di questi movimenti, che hanno ambiti di azioni di dimensioni comunali. La frammentazione rende meno efficaci le loro proposte e protesta.

Il rapporto di questi movimenti con la politica è un’altra questione cruciale. Con strutture organizzative solide e una chiara visione strategica con obiettivi ben definiti da raggiungere, i movimenti possono affrontarla in piena autonomia e senza alcuna soggezione o sudditanza. E’ politica la soluzione delle questioni sollevate dal disagio provocato ai cittadini dalla crisi idrica di cui i movimenti si fanno interpreti e rappresentanti. Con la politica, che non è esente da responsabilità, bisogna comunque fare i conti.

Per essere credibile agli occhi di questi movimenti, la politica deve dimostrare fattivamente di voler correggere gli errori commessi negli anni passati, che hanno portato alla disastrosa situazione attuale, e trovare soluzioni alternative a quelle adottate in passato per la gestione del servizio idrico.

Silvano Privitera


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