Il 10 giugno, nella sala della Biblioteca Comunale di Pietraperzia, alla presenza delle autorità comunali e di tanti pietrini, verrà presentato il libro “Un padre di nome Rocco”. Memorie di Michele Siciliano, scritto dalla giornalista pubblicista Silvia Bertani.
Michele, ottavo di dieci figli, precisa: ”Ho capito che soltanto scrivendo, fissando sulla carta frammenti della vita di papà Rocco, avrei conservato un’immagine dell’uomo che si stava inabissando rapidamente nei ricordi. Ho scoperto insomma che le parole avrebbero trovato la forza di andare oltre i luoghi comuni, tracciando un ritratto sospeso tra vicende familiari e sociali di una generazione che ha vissuto quasi esclusivamente nell’ambito di Pietraperzia”.
Senza enfasi e senza farsi trascinare da troppo facili sentimenti di malinconia e assenza è andato indietro con la memoria. Il libro di ricordi ha preso forma così, con uno stile lineare e mai fuori controllo, ma al tempo spesso capace di emozionare. Michele Siciliano non si è lasciato conquistare né dalla verità delle foto, né dalle testimonianze dei parenti. E’ andato a cercare nella penombra del non detto, nei dettagli persi di vista, nelle parole ascoltate distrattamente, perché è li che si trovano le tessere per ricostruire un mosaico umano delicato e forte. C’è stata la volontà di fare un passo indietro nel tempo, recuperando la “memoria rurale” di una Sicilia, in realtà neanche così lontana. Attraverso una narrazione semplice e scorrevole , l’autore ci prende per mano portandoci nei campi e nelle stalle, tra processioni e sagre, semine e raccolti. Grazie a lui possiamo ascoltare il pigolio dei nidi, il canto delle cicale, i muggiti delle mucche.
“Possiamo imparare come papà, classe 1913, curava le api, faceva il vino e l’olio di oliva, come lavorava la terra con i buoi e come forgiava le ceste e le scale. I gesti delle mani ritornano tra le pagine, il suo modo di ridere e camminare, compiono un piccolo miracolo: riescono a unire l’immagine del figlio adulto al bambino che è stato. Sono numerosi gli eventi – evidenzia il figlio – che non riesco a scordare. Ma la cosa che, piú di ogni altra, si staglia nitida nella mia memoria è l’immagine di mio padre che lavora, la fronte madida di sudore. Lo risento parlare con gli animali ogni volta che gli portava da mangiare. Alle mucche dava nomi propri. Dialogava anche con le piante dell’orto. Forse per questo crescevano così rigogliose. Oltre ai fiammiferi, il sale era l’unica cosa che doveva comprare, tutto il resto lo produceva nel podere. Per lui, contadino, lavorare era un dovere. Solo faticando si sentiva vivo e riusciva a dare un senso alla propria esistenza. Quando ero piccolo, tanto piccolo che forse non andavo ancora a scuola, stavo sempre incollato a mio padre come fossi una sua appendice. Mentre lo guardavo sollevare la vanga o il piccone, calpestavo l’ombra che si allungava al suo fianco o dietro di lui“
Con questo libro, il figlio vuole rendere omaggio al padre e a tutti i lavoratori della terra di Pietraperzia che , con grande sacrificio e amore, hanno prodotto quel che era essenziale all’ esistenza e alla civile convivenza umana. La zappa, l’aratro, la falce, la pala ed il tridente rappresentano i ricordi più veri ed hanno la capacità di far riscoprire una infinità di quadretti rustici e di sentimenti genuini, ora dolorosi ora gioiosi, che costituiscono la nostra memoria storica. Come canta Guccini, “e tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire l’anima che hai …” Da questo libro emerge quell’umanità che solo la narrazione di un rapporto intimo, fatto di gesti quotidiani, sa donare. Queste memorie rivalutano gli aspetti di un modo di vivere che, troppo in fretta, sono stati messi nel dimenticatoio. Il libro si può ritenere personale, di interesse solo per i parenti ma, in realtà, la conoscenza, il rispetto per il passato e per le tradizioni , possono servire per la crescita culturale delle giovani generazioni.
Una copia del libro è stata donata alla Biblioteca Comunale di Pietraperzia.
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