Nella serata del 6 marzo, il giudice Michele Ravelli del Tribunale di Enna ha emesso una sentenza sorprendente riguardante l’omicidio commesso da Laura Di Dio contro la suocera Margherita Margani il 4 febbraio dello scorso anno.
Di Dio, una trentunenne di Pietraperzia, è stata accusata di aver ucciso la suocera, inizialmente con un coltello da cucina e poi con una forbice mirata alla gola. Nonostante la gravità dell’accusa, il giudice ha condannato l’imputata a una pena di soli nove anni e nove mesi, una sentenza notevolmente più mite rispetto alla richiesta di 18 anni avanzata dalla Procura della Repubblica, rappresentata in aula dal pubblico ministero Michele Benintende.
Dopo le repliche delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Giacomo Pillitteri, Giuseppe e Angelo Maria Tambè, i difensori dell’imputata, avvocati Antonio Impellizzeri e Salvatore Timpanaro, hanno preso la parola per ultimi. Il giudice si è ritirato in camera di consiglio intorno alle 15, per poi tornare in aula e pronunciare la sentenza alle 20.
I difensori dell’imputata, visibilmente soddisfatti, hanno dichiarato: “Un giudice molto attento e sensibile ha pienamente accolto le nostre argomentazioni difensive, riconoscendo all’imputata sia le attenuanti generiche che l’attenuante del vizio parziale di mente (cioè della seminfermità mentale) e dichiarando le attenuanti prevalenti sull’aggravante del rapporto di affinità. Così, la pena richiesta dal pubblico ministero è stata dimezzata e drasticamente ridotta rispetto a quella prevista dalla legge, che va da 24 a 30 anni”.
Secondo la riforma Cartabia, se i difensori di Di Dio non presenteranno appello, la pena sarà ulteriormente ridotta di quasi venti mesi.
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