Giardini monacali inattesi, torri normanne e cripte segrete: Enna non se lo fa dire due volte a spalanca conventi, ritrova tele dimenticate, spulcia gli archivi, passeggia nelle aree naturali, assiste agli spettacoli, arriva fino al periodo fascista che cambiò nome all’antica Castrugiuvanni, e punteggiò il territorio di borghi rurali per combattere il latifondo. Dopo un esordio straordinario e due edizioni in crescita, Enna si prepara ad accogliere per la quarta volta Le Vie dei Tesori con un programma inedito che annoda il filo di una religiosità silenziosa, presente in ogni angolo della città. E guarda per prima alla new entry, combattiva e propositiva: Leonforte, “giovane” città in confronto al capoluogo, visto che ha soltanto 414 anni, disegnata a tavolino dal principe Nicolò Placido Branciforti. Che ha lasciato il suo segno ovunque, a partire dal suo palazzo (aprono le antiche carceri), delle famose fonti, dell’affascinante giardino delle Ninfe, e persino, nel futuro palazzo Longo. ma si visita anche un laboratorio di carta fatta a mano e un pescheto in un’antica ex filanda. Il Comune presenterà per la prima volta in assoluto a Villa Bonsignore, l’intero corpus di 57 opere del pittore-reporter Filippo Liardo, famoso per essere stato uno dei Mille e aver dipinto diverse scene delle campagne garibaldine.
“Accanto alla valenza culturale, è importante la ricaduta economica sul territorio – dice Mirko Milano assessore comunale ai Beni Culturali di Enna – come anche il progetto di implementare attività e spettacoli che coinvolgono il territorio”. “Abbiamo siti, palazzi, conventi che sono praticamente sconosciuti al grande pubblico, Leonforte sarà una sorpresa – intervengono il sindaco di Leonforte Pietro Li Volsi e l’assessore alla Cultura La Ferrara – Presentiamo con la Soprintendenza il corpus completo di Liardo, opere che finora erano rimaste chiuse in cassaforte, dopo una mostra a Catania di moltissimi anni fa”. Le Vie dei Tesori ritorna quindi a Enna e debutta a Leonforte, città visitabili con lo stesso coupon; dal 14 al 29 settembre, tre weekend per un nuovo festival di “riappropriazione della bellezza” che racconta l’intera Isola e che quest’anno diventa maggiorenne: era il 2006, infatti, quando nasceva la prima edizione a Palermo, dieci luoghi del tutto inattesi in seno all’Università. Da lì in poi il festival Le Vie dei Tesori ha aumentato i suoi visitatori anno dopo anno, si è allargato a tutta l’Isola, ha raggiunto numeri importanti e ha dovuto fare i conti con la pandemia, ma è stato tra le pochissime realtà italiane a non fermarsi mai, ridisegnando ciascuna visita. Ed ha proseguito la sua corsa. Nel 2023 il festival ha raggiunto le 250 mila presenze in 17 città, con una ricaduta economica sul territorio che ha superato sette milioni e seicentomila euro. Enna lo scorso anno ha sfiorato i 5426 visitatori con una ricaduta di oltre 217 mila euro; Leonforte si prepara con un programma bellissimo. “Due città che rappresentano la nostra idea di rete, i visitatori potranno vivere Enna e Leonforte con lo stesso coupon e quindi come un unico museo diffuso – dice Laura Anello, presidente della Fondazione Le Vie dei Tesori – . Abbiamo voluto rovesciare la prospettiva: il patrimonio che raccontiamo diventa una formidabile leva di coesione sociale”.
Dopo aver ammirato i Borghi dei Tesori a maggio scorso, in questa prima tranche del 2024 Le Vie dei Tesori apre luoghi e propone esperienze in dieci città (con Enna e Leonforte, anche Trapani, Mazara e Alcamo, Bagheria, Termini Imerese, Corleone, Messina e Caltanissetta); dal 5 al 20 ottobre partiranno le altre sei città (Carini, Marsala, Sciacca, Ragusa, Scicli e Noto); Palermo e Catania occuperanno come sempre tutto il mese di ottobre. Un festival che costruisce reti: a Enna e Leonforte, come nelle altre città, con Unicredit come main sponsor (ha partecipato alla conferenza stampa, Jessica Falzone, responsabile area retail Enna e Caltanissetta) e l’USR (Ufficio Scolastico Regionale) che collabora alla formazione di oltre 500 giovani durante i due mesi di festival.
Una rassegna che ha saputo creare sinergie e dialogo con Istituzioni dello Stato, Regione, atenei, comuni, Diocesi, gestori privati, proprietari di palazzi nobiliari, senza sottolineare titolarità, il visitatore scopre e ama un luogo, non si chiede a chi appartiene; un festival che ha portato la cultura e la curiosità fuori dai siti istituzionali e dagli atenei, seminando conoscenza; ed è ormai diventato un format rodato, studiato nelle università. Un luogo non raccontato è un luogo muto, diventa grigio, trasparente; la narrazione è scoperta e riappropriazione, soprattutto se affidata ai giovani, al racconto delle comunità che si animano della narrazione collettiva. Un festival che è stato confermato nel calendario biennale degli eventi di grande richiamo turistico della Regione Siciliana; e ha stretto collaborazioni con altre realtà, visto che è tra le costole di Italia Romanica – percorsi e visite dedicate all’arte e all’architettura del Medioevo in quattro regioni italiane – con Fondazione Sardegna Isola del Romanico, Fondazione Lemine in Lombardia e InCollina in Piemonte: per il secondo anno Enna entra nel circuito con un sito, la Torre di Federico, costruzione ottagonale, alta 27 metri, e resta il dubbio se sia attribuita a Federico II di Svevia o a Federico d’Aragona.
IL PROGRAMMA DI ENNA
Sarà un’edizione “preziosa”, tra manoscritti inediti, giardini e chiostri dei conventi, torri normanne, secondo il programma costruito sul territorio (per Enna e Caltanissetta) da Antonio Messina. Si visiterà per la prima volta in assoluto l’orto e il giardino dell’ex monastero di clausura di San Marco Le Vergini; e il giardino segreto dove passeggiavano, coltivavano essenze, si ritiravano in preghiera, le monache Canossiane: non è mai stato mostrato al pubblico questo delicato giardino del Collegio di Maria dove le Figlie della Carità avevano aperto un collegio per educande e una “scuola di lavori di casa”. Invece nei magazzini del grande complesso dei Cappuccini – oggi urban center, centro culturale e l’immersivo e multisensoriale museo delle Confraternite – è stato allestito uno spazio dedicato alle opere d’arte: per le Vie dei Tesori, espongono due artiste francesi Maïtéa Miquelajauregui e Amélie Labourdette, che hanno scelto Agira per vivere e lavorare. Legato ai Frati conventuali di san Francesco ma anche alle lotte dei baroni, è Palazzo Chiaramonte che, tra sale, affreschi e tele, ospita 32 disegni autografi di Renato Guttuso per la rivista Il Lunario.
Diverse le chiese che aprono le porte: dalle Anime Sante del Purgatorio, con la volta affrescata dai Borremans, sede dell’Arciconfraternita che dal 1712 ha il privilegio di detenere le “mazze d’argento”, simbolo delle magistrature cittadine; a San Paolino Vescovo dove sono tornate sull’altare tre preziose tele restaurate, dopo essere state conservate a lungo al Museo Diocesano; nell’antichissimo complesso conventuale degli Agostiniani – curato dalla confraternita della Madonna delle Grazie che porta avanti il culto della Madonna dei carusi venerata dai minatori e dedicata al ragazzini che lavoravano nelle zolfare (si entrerà nella cappella dedicata) – c’è una statua del Cristo che risale al 1500. Nell’antica chiesa dei Santi Pietro e Paolo, invece un ipogeo che serviva per la mummificazione dei corpi, lo spiegherà un documentario del “mummiologo” Dario Piombino-Mascali.
Aprirà solo per il festival, lo spazio espositivo della chiesa di Santa Maria La Nova, ci si muove tra reliquie, opere d’arte della confraternita del Devoto Collegio, e preziosi manoscritti del XV secolo. E riserverà delle sorprese anche la visita esclusiva per il festival all’Archivio comunale che conserva preziosi documenti pre e post Unità, che si potranno consultare con l’aiuto di un esperto.
Ha cambiato nome di recente, intitolato al compositore ennese Francesco Paolo Neglia: l’ormai ex Teatro Garibaldi (nato nel 1864, ricostruito nel Novecento) ospita una mostra permanente di cimeli, donati al Comune dagli eredi. Si salirà sulla Torre di Federico, tre livelli collegati da una scala a chiocciola: una fatica arrivare in cima, ma la vista sulla città è impagabile.
Le esperienze. Sono sempre state un must del programma del festival a Enna: si seguiranno le orme di Nino Savarese che ha saputo narrare gli umili; visitare eccezionalmente la casa-studio dello scultore ultranovantenne Gesualdo Prestipino, cercare l’antica Castrogiovanni in un manoscritto cinquecentesco conservato alla Biblioteca comunale: sarà una visita in esclusiva e per pochi, curata dal medievalista Pietro Colletta, e dallo storico locale Federico Emma. Alla scoperta della città si potrà andare su due ruote, al tramonto; con una camminata “metabolica” con la musica in cuffia, oppure passeggiando tra vicoli e monumenti. Se invece si preferisce raggiungere il misterioso lago di Pergusa, ecco un percorso sensoriale alla riscoperta delle piante e dei miti degli antichi greci.
Le passeggiate. Si visita Borgo Baccarato, nato per ospitare i minatori della zolfara di Baccarato, abbandonato negli anni ’70 quando chiuse la miniera; Borgo Cascino, che a differenza di altri borghi fascisti nati e disegnati a tavolino, è ancora abitato; o ci si può perdere tra le cappelle gentilizie del cimitero. Tra i percorsi naturalistici, si raggiunge Cozzo Matrice, pianoro che si affaccia sul lago di Pergusa, e la riserva orientata Monte Altesina, fino alle pendici della cima più alta degli Erei. Qui, con un’altra esperienza, si potrà visitare un caseificio e assaggiare ricotta e formaggi.
Gli spettacoli: si correrà dietro un bizzarro Odisseo del Collettivo VAN (15 settembre), si ascolteranno I Zitani con un omaggio popolare a Kore (21 settembre); si assisterà ad una rilettura della fiaba di Barbablù in chiave contemporanea, contro ogni femminicidio, con la Compagnia dell’Arpa e la regia di Filippa Ilardo (22 settembre); e “non” si ascolterà Cassandra condannata a non essere mai creduta: Lorenza Denaro dialoga con le opere dello scultore ennese Prestipino (28 settembre). Infine Mauro Lamantia recupererà U’ malucumminatu, lo storpio di una novella di Nino Savarese, sulle musiche del performer anglo-italiano Sergio Beercock (29 settembre).
IL PROGRAMMA DI LEONFORTE
Non si può comprendere Leonforte se non si seguono le tracce del principe Nicolò Branciforti che costruì la cittadina su Licentia populandi. Il suo palazzo è ancora in piedi e, per il festival, apriranno le carceri, che furono utilizzate fino al 1867; qui sono esposti alcuni pezzi di Filippo Liardo, ma il corpus completo di 57 opere del pittore-reporter – famoso per essere stato uno dei Mille e aver dipinto diverse scene delle campagne garibaldine – sono a Villa Bonsignore, “moderno” chalet di caccia, circondato da un giardino in parte all’inglese e in parte all’italiana, con tanto di parco con pineta, e elementi liberty nella palazzina. Con Parco Sottarco, apre il Museo etnoantropologico della “Caddivarizza” che ospita utensili e oggetti della tradizione contadina. Sullo stesso filo, anche il Museo della Cuddura che raccoglie tutte le forme rituali dei Pani di san Giuseppe. Sempre nel segno del principe illuminato, si scoprono le diverse “fonti” e un eccentrico giardino che richiama la leggendaria Tempe della Tessaglia, dimora del dio Apollo. Tra zampilli e cadute, la famosa Granfonte barocca con le sue 24 cannelle di bronzo da cui fuoriesce sempre l’acqua, tranne il Venerdì Santo, in segno di lutto. Monumenti, fontane, personaggi e feste tradizionali si riconoscono nella minuziosa Leonforte in miniatura. Tra le scoperte del territorio, un antico oratorio rupestre sotto il livello del terreno a cui si accede da alcuni gradini, che fu utilizzato anche durante la seconda guerra mondiale come riparo. Tra l’ XI e il XII secolo dopo Cristo venne decorato con affreschi dove si riconosce ancora un Cristo Pantocratore. Oltre a Villa Bonsignore, apre Palazzo Longo, voluto dal principe Ercole Branciforti nel 1740, poi ceduto ai privati: è uno spettacolo, possiede interni e arredi ancora intatti.
Le esperienze. Leonforte ha scavato nelle sue tradizioni e tratto diverse esperienze, alcune con la giovane community di Parco Sottarco: nell’antica Pescheria (storica sede dei pescivendoli sin dal 1893) si imparerà a lavorare all’uncinetto, a cucinare vastedde friute e sfingi. Si seguirà Giacomo che realizza miniature, e i fratelli Giuseppe e Francesco che hanno deciso di realizzare impalpabili fogli di carta fatta a mano. Con la storica Federica Barbarino si cercheranno le tracce dei Borremans entrando eccezionalmente nella cripta di San Giuseppe. E siccome il principe Branciforti pare il convitato di pietra di Leonforte, ecco un itinerario che recupera le leggende del suo enigmatico giardino, e lo cerca per i vicoli della cittadina a suon di musica (in cuffia). In programma anche una visita a un piccolo pescheto sorto dentro un’antica filanda abbandonata: Leonforte è famosa per la “pesca insacchettata”, e questa visita permetterà di scoprirne i mille utilizzi. Due invece le passeggiate: un itinerario che tocca tutte le chiese di Leonforte e scopre opere di Novelli e Borremans; e uno di rara archeoastronomia che conduce a un antichissimo indicatore solstiziale scoperto a Assoro.
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