PALERMO (ITALPRESS) – Settanta fotografie di teatri italiani per immettere l’osservatore in un percorso di analisi sulla teatralità in architettura e sulla qualità scenica: da domani e fino all’8 settembre la loro casa sarà Villa Zito a Palermo, che ha accolto oggi la mostra della fotografa Patrizia Mussa, intitolata “Teatralità. Architetture per la meraviglia” e curata da Antonio Calbi. L’apertura al pubblico avverrà tutte le settimane dal giovedì alla domenica nella fascia oraria 10-20, con il biglietto intero al prezzo di 5 euro e il ridotto a 3 euro; a promuovere la mostra è Fondazione Sicilia, insieme alla produzione di Studio Livio e al sostegno di Gemmo Spa e con il patrocinio del Comune di Palermo e dell’assessorato comunale alla Cultura. Dopo i tre mesi di permanenza nel capoluogo siciliano, le fotografie si sposteranno a Roma e Vicenza, fino ad arrivare a Parigi nella primavera 2025 presso l’Istituto italiano di cultura all’Hotel de Galliffet.
Ogni immagine, accompagnata da interventi di coloritura a mano per mettere insieme atto fotografico e gesto pittorico, racconta non solo la bellezza architettonica degli impianti, ma anche l’evoluzione storica delle sale dai teatri di corte agli edifici veri e propri. L’esposizione a Villa Zito si arricchisce inoltre di fotografie inedite: il Teatro greco di Segesta, il Teatro Politeama di Palermo e Villa Palagonia di Bagheria. Il progetto è completato da un cameo della Fondazione Sicilia che, attingendo alla sua ricca collezione d’arte, offre ai visitatori una selezione di incisioni d’epoca con la sezione ‘Teatri antichi di Sicilia nella collezione di stampe e disegni della Fondazione Sicilià, a cura dello storico dell’arte Sergio Troisi.
“Sono felice di inaugurare il mio mandato con una mostra fotografica di eccellenza, che ripercorre la storia e la trasformazione dei teatri non dimenticando le meraviglie della Sicilia – sottolinea la presidente di Fondazione Sicilia Maria Concetta Di Natale, – Una mostra arricchita da preziosi disegni e stampe sui teatri antichi dell’isola, di cui la Fondazione è custode e che in questa occasione sarà ancora più conosciuta dal pubblico per una maggiore diffusione e conoscenza”.
Mussa spiega come l’obiettivo dei suoi scatti non è solo fornire la testimonianza di un paradigma architettonico, ma anche rivivere e restituire un’esperienza personale attraverso il gesto artistico: “Il mio è un lavoro di rigore e ripensamento, uno sguardo ad occhi socchiusi, l’innesco di un processo onirico, di smagliatura, di impoverimento, la ricerca di una radice, di un’anima, di un altro significato; una sorta di radiografia, di istantanea retinica o corticale, impressa su un velo sottile”.
Per Calbi ciascuna fotografia restituisce “figurazioni inedite, che appartengono alla concretezza dell’esistente e del suo dato storico e allo stesso tempo se ne emancipano, assumendo dimensioni altre, quasi metafisiche”. Ne deriva inoltre, secondo il curatore della mostra, un’idea di teatro come luogo “dove può affiorare l’intangibile e dunque come ambito dell’anima, della visione e dell’ascolto, della realtà replicata in scena, affinchè si possa meglio osservarla, e allo stesso tempo spazio liminale dove è possibile superare il dato reale per provare a sfiorare il mistero che si nasconde dietro le cose”.
foto: xd8/IItalpress
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