Enna. Parrocchia di San Cataldo: storia di una chiesa d’origine medievale

Chiesa San Cataldo Enna
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La lista di templi ennesi tenuti a pagare le decime alla Chiesa romana per gli anni 1308 – 1310, desunta da documenti conservati negli archivi vaticani, pubblicata da Pietro Sella nel 1944 nel volume “Rationes decimarum Italiae”, è il documento che dà certezza dell’esistenza della Chiesa di San Cataldo in Enna sin dal Trecento. Il vecchio edificio sacro, che si rifà al basso medioevo, divenuto angusto e insufficiente nei primi anni del 1700, fu demolito per essere ricostruito più ampio e maestoso, tale da contenere masse di fedeli sempre più folte a motivo dell’elevazione a Parrocchia e del sempre più popoloso quartiere, sin d’allora denominato “del Popolo”. L’architetto palermitano padre Ferdinando Lombardo, che firmò il progetto della nuova chiesa, si avvalse dell’opera del “mastro muraro”, anch’esso palermitano, Vincenzo Alessandra e del cognato Filippo Clemente. I lavori iniziarono, con la posa della prima pietra, il 10 maggio 1749, giorno della festa di San Cataldo. Più volte interrotti per “deficienze di denaro”, vennero ultimati nel 1770, ma la chiesa venne dichiarata agibile sin dal 1763, anche se a cantiere aperto. Dopo la posa del pavimento venne costruita la scala maggiore a partire dal piano della Balata. La stessa venne rifatta nel 1850 con la pietra di Calascibetta.  Nella seconda metà del ‘700, grazie alla liberalità di alcuni parroci, ebbe inizio l’abbellimento interno con l’acquisto del quadro del Patriarca San Giuseppe e dei quadretti destinati alla Cappella dell’Addolorata, legati al testamento dell’abate e parroco don Gioacchino Varisano (1759 – 1840), il cui ritratto, olio su tela, d’autore ignoto, restaurato nel 2016 dal prof. Raimondo Ferlito, docente del locale Liceo Artistico, a cura dell’Accademia Pergusea, ha trovato sistemazione in una delle pareti del rinnovato Museo della Parrocchia. Numerosi sono le opere d’arte presenti nel tempio. Tra le più pregiate spiccano: il quadro di San Cataldo, opera di Giuseppe Albino detto “il Sozzo”, sec. XVI, che fu certamente recuperato dalla quadreria della preesistente chiesa. Anche il Crocifisso che domina l’altare maggiore, del XV secolo, la tela raffigurante l’“Assunzione di Maria”, di Giovanni Forti La Manna da Calascibetta, datata 1636, “La Natività”, dello stesso autore, ed altre tele eseguite da valenti maestri pittori nei primi decenni del Seicento, tra cui Francesco Pellegrino da Montalto, sono opere che si rifanno all’antica chiesa medievale. Di Saverio Marchese (1806 -1859), pittore ennese, è il quadro della “Sacra Famiglia”, della prima metà dell’Ottocento. Una “Deposizione” a firma del pittore ennese Francesco Ciotti, datata 1748, restaurata nel 1986 da Felice dell’Utri di Caltanissetta a cura dal Kiwanis Club di Enna, risulta esposta nel citato museo parrocchiale, realizzato alla fine degli anni ‘90 ad iniziativa dell’ex parroco don Vincenzo Di Simone, con la collaborazione dello storico dell’arte Rocco Lombardo, in locali adiacenti alla sacrestia, dove sono esposti preziosi oggetti sacri, tra i quali opere di valenti argentieri (ostensori, candelabri, calici, croci, ecc., risalenti ai secoli XVII e XVIII,  e un monumentale “Tronetto” anch’esso in argento sbalzato e cesellato datato 1749), oltre a preziosi paramenti liturgici di varie epoche finemente ricamati e una collezione di quadri del XVIII e XIX secolo.

Tra le opere marmoree, di pregevolissima fattura, vi sono: l’Icona in bassorilievo attribuita a Giandomenico Gagini del secolo XVI, che rappresenta il Mistero dell’Eucarestia e il sacro Fonte Battesimale in alabastro del XV secolo di bottega gagginiana.

Molto suggestiva è la quasi fedele riproduzione della Grotta di Lourdes, con la statua della Madonna, “Nostra Signora”, posta in alto e santa Bernadette inginocchiata ai suoi piedi, realizzata nel 1939 all’interno del secondo altare a destra, opera del devoto ennese Luigi Severino Germanà e figli, forse per grazia ricevuta, mentre era parroco don Giuseppe Russo.

Nel secondo dopoguerra, nei primi anni ’50 del Novecento, la chiesa corse il rischio di essere demolita per esigenze di viabilità, secondo il Piano di Ricostruzione approvato dal Comune nel 1951. I progettisti, gli architetti Roberto e Giuseppe Marletta, avevano previsto un’improbabile parallela alla via Roma, con inizio da piazza Balata, che, con un curvone verso l’attuale scuola elementare Sant’Onofrio, proseguendo lungo la via Donna Nuova, doveva congiungersi, attraverso la via Palermo (Carcere Giudiziario), con l’allora zona d’espansione, l’attuale viale Diaz. Il progetto venne abbandonato e la chiesa non solo si salvò ma ottenne, tramite il Genio Civile, i fondi ministeriali necessari per riparare i danni subiti dalle strutture murarie a seguito dei bombardamenti del luglio 1943 e per ricostruire il cornicione della facciata in parte demolito. Nel 1987 a lavori iniziati per il rifacimento del piano di calpestio della chiesa, la Sezione Archeologica di Enna, che dipendeva dalla Soprintendenza di Agrigento, condusse una sistematica esplorazione del sottosuolo pavimentale della chiesa (primo intervento di archeologia urbana) il cui felice esito portò alla scoperta delle fondamenta della chiesa medievale, che oggi è possibile ammirare attraverso delle “finestre” ricavate nel pavimento in legno.

(Per approfondimenti si rimanda al volume monografico dal titolo “La Chiesa di San Cataldo a Enna” di Rocco Lombardo, ed. Il Lunario, tip. Lussografica (Cl), marzo 1994).

Salvatore Presti

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