In vendita presso tutte le librerie, l’ultimo libro di Mario Rizzo, medico internista all’ospedale di Enna. Si tratta di una sorta di diario di bordo, un insieme di testimonianze dell’autore sulle vicende del ‘quotidiano’ della sua professione. E’ un testo scritto in maniera semplice, diretta e senza arzigogoli linguistici, da parte di un uomo che si confronta, per mestiere e per umanità, ogni giorno, con patologie più o meno conosciute o ancora da scoprire. Si intitola “Le corsie della vita” ed è edito nella collana “Narrativa”, per i tipi della casa editrice “Maurizio Vetri” di Enna. Dov’è il limite di demarcazione fra malattia e vicenda umana ad essa connessa? Forse c’è, forse non c’è. È proprio questo limite che Mario Rizzo, nelle vicende narrate, oltrepassa, e lo fa con gli occhi del savio, di colui che nel suo difficile e delicato ruolo di medico di corsia, è principalmente definibile con tale aggettivo, ma soprattutto con gli occhi del filosofo, di colui che si pone tanti perché, che affronta il quotidiano delle corsie ospedaliere in cui fa il suo lavoro di medico da decenni. Ma Rizzo è anche nostro collega e lo è orgogliosamente, poiché da anni presente, più che validamente, nelle testate locali e in quelle nazionali: “Francamente – spiega – il rapporto tra il mio lavoro di medico e la mia passione per il giornalismo non è un rapporto di intrecci forti; un tratto comune, comunque, c’è ed è l’interesse a investigare, ad ascoltare e a trarre delle conclusioni. Ad essere permeabile alla quotidianità”.
Ed è proprio nelle corsie, che Mario, a volte sorpreso, a volte consapevole, come se conoscesse da sempre i drammi che, spesso, vanno al di là delle patologie che affronta e cura, si spoglia del apparente essere il freddo medico, che si sforza, con il suo fare burbero, di impersonare, e fa posto all’uomo, ma all’uomo che riconosce i limiti della scienza medica, e libera, con innata naturalezza, perché fa parte del suo sé, i sentimenti. “ Mi chiedi che tipo di giornalismo mi affascina. Quello di inchiesta, i reportage, indubbiamente. Ma per me sono straordinari pezzi universali, quelli di Maurizio Crosetti e di Gabriele Romagnoli, delle pagine sportive di Repubblica. In cui la parte di sport è incidentale. Non che sia meno importante. Ma è come se fosse solo uno spunto per trasmettere con discrezione il loro enorme sapere. Un mix stimolante di storia, politica, società. Del mondo. Scritti con un ritmo incalzante. Spesso li conservo e li rileggo”.
Mario Rizzo, negli episodi di cui narra, diventa il confessore, l’amico del paziente, una sorta di sacerdote laico, e accompagna i pazienti, umanamente, durante il loro percorso, prima diagnostico e poi terapeutico , verso la guarigione, ma spesso verso la morte. E così, Rizzo, come anzidetto, sveste i panni del medico, del ricercatore, per vestire quelli dell’amico, senz’alcuna presunzione, talvolta del padre, che ha sempre un consiglio giusto, verso i suoi pazienti o verso gli ex pazienti, che va a trovare fuori dall’ospedale, per un caffè o per una semplice stretta di mano di auguri che sancisce il ritorno alla vita, quindi la guarigione, ma a volte, anche di condoglianze ai loro parenti. . E quando egli ci spiega perché scrive, conferma alcune nostre, forse presuntuose, supposizioni: “Il piacere della scrittura mi ha portato a scrivere cinque libri. Quattro sono umoristici. Con tutti e quattro sono stato finalista ad altrettanti edizioni del premio Domina bandito dal Rotary club di Enna. L’ultimo è “Le corsie della vita” e, questo sì, ha un rapporto diretto con il mio lavoro di medico. Sono ventisette racconti di un’ esperienza di più di trentacinque anni di lavoro. Momenti che mi sono rimasti impressi per l’umanità, la bizzarria degli eventi, l’imprevedibilità della vita. Ho sentito il bisogno di mettere nero su bianco. Il libro racconta anche della mia esperienza di paziente”. No, non è soltanto un medico, Mario Rizzo, è innanzitutto un uomo, e lo è di più, quando si ammala di Coronavirus e, improvvisamente, senza volerlo, ma conscio di poterlo contrarre in ogni attimo, questa volta, da medico è diventato malato, ricoverato per venticinque giorni, poi con lieto fine, ovvero fortunatamente guarito, nel suo stesso ospedale, dentro un reparto Covid. E qui, affiora il suo essere filosofo, il suo porsi i mille perché, e avviene la mutazione delle sue emozioni, delle sue sensazioni, meravigliosamente narrate nel libro. Emozioni e sensazioni, prima affrontate in posizione eretta, responsabile, di medico che deve dimenticare di essere uomo per far bene il suo lavoro ed ora affrontate in posizione supina, da paziente il cui destino sa di essere incerto, ma si “getta”, con umiltà e fiducia, nelle mani di altri medici e infermieri, esattamente come lui, con pregi e difetti. Andando oltre le righe, in questo diario , Mario Rizzo, è didascalico, e da esso, il lettore attento estrapola i pregi ma anche le carenze i difetti della Sanità, innanzitutto gestita da uomini, ma a volte, aggiungiamo noi, da gente che non si pone gli stessi scrupoli dell’autore di questa bellissima storia che si legge tutta d’un fiato. Rizzo è nato nel 1958, “Dei miei sessantadue anni ne ho trascorso, con piacere, undici a Palermo. Indispensabili per laurearmi e specializzarmi, i restanti cinquantuno sull’altopiano ennese. Da trentacinque anni in su mi è venuta la voglia di scrivere. Su giornali locali online, ma anche, per brevi collaborazioni, sulle pagine regionali di Repubblica, su Bellitalia e su Kalòs. Dal 2008 ho in tasca, con orgoglio mascherato con difficoltà, il tesserino di giornalista pubblicista”.
E’ un libro che va letto e assaporato, come l’abbiamo fatto noi. E’ un susseguirsi di storie ed emozioni che vanno lette e gustate sino alla fine.
Mario Antonio Pagaria
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