“Sino a un certo tempo la festa della Madonna della Visitazione raggiunse uno splendore mai visto in Sicilia; da tutte le contrade dell’isola veniva gente a piedi e a cavallo per assistervi, anche perché, in coincidenza con la solennità, si svolgeva la fiera di San Pancrazio, una grande e ricca fiera-mercato”.
Così inizia il racconto della grande Festa del due luglio il sacerdote Vincenzo Grimaldi Petroso in una sua pubblicazione del 1790 (edita a Roma dalla Stamperia di Gioacchino Puccinelli) e ripreso in uno scritto di Salvatore Morgana dal titolo “Maria Santissima Patrona Populi Hennensis”. “Si usava ancora – continua la narrazione del Petroso – a ricordo del viaggio del Simulacro da Messina ad Enna, di portare su un carro trionfante, sino al pianoro di San Sebastiano al Monte la statua lignea della vergine. Il carro era a tre piani, nel primo in basso era l’orchestra con i cantori che cantavano le laudi della Madonna, nel piano superiore erano i bambini vestiti da angioletti, in alto era il simulacro della Vergine. Giunti al Monte, intorno al carro, vuotato dai suoi abitanti e dal Simulacro, veniva accesa una grande luminaria e il popolo si compiaceva delle fiamme, cantava e applaudiva”. Nei primi tempi dell’istituzione della Festa le modalità dei festeggiamenti ricalcavano gli antichi riti della “Cerealia”.
Si svolgeva così, con tali ritualità, (dopo quel 29 giugno 1412, giorno in cui giunse ad Enna la Sacra Effige proveniente da Messina) ogni anno e per molti decenni seguenti, la solenne processione della Patrona di Enna, che attraversava tutta la città lungo la strada Maggiore o dei Cavalieri (attuale Via Roma).
“La vigilia della Festa, cita il Morgana, una cavalcata, composta da splendidi cavalieri, muoveva dal piano delle Case Grandi verso la chiesa dell’Annunziata (adesso del Carmine), per rilevare il Gonfalone della città e, insieme alle Confraternite con le loro insegne, portarlo al Duomo ove veniva posto sul soglio della municipalità, dove sedevano i senatori. Dice il Petroso: “Quanti intervengono alla processione portan tutti la torcia accesa. Pompose le dodici grandi torce portate ogn’una in braccio da un uomo, avendo il diametro di sette once, oltre ad altri dodici gran ceri aventi il diametro di un palmo e un terzo, portati da altrettanti dodici uomini vestiti di bianco lino e scalzi”.
“E’ un’usanza, osserva il Morgana, che si collega al culto di Cerere: le candele ricordano le torce accese per accompagnare la dea nell’affannosa ricerca di Proserpina, rapita da Plutone”. In quel tempo partecipavano alla solenne processione: il Capitolo della Collegiata della Chiesa Madre al completo, il Civico senato, seguivano le Confraternite con i loro gonfaloni, i dodici Parroci tutti in cappa ed ermellino, il Magistrato, i nobili, la milizia urbana in armi.
Solo a partire dal 1590 la statua della Madonna è portata su “La nave d’oro” che fu ultimata ad opera dello scultore Scipione da Guido e che in seguito, nel ‘600, fu sottoposta a restauri. Il Fercolo, nel 1732, fu arricchito di fregi e infine, nel 1957, fu definitivamente restaurato da un certo maestro Fedele, indoratore di Catania.
Salvatore Presti
Articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia il primo luglio 2007, col titolo “Madonna della Visitazione tra culto e tradizione storica”. E’ inserito nel libro dello stesso autore dal titolo “ENNA, Il filo della memoria” (NovaGraf editore, Assoro (EN), pagg. 235 per euro 18,00).
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