In Italia, tutti i giorni, sono immessi nella rete idrica 371 litri di acqua pro capite; di questi, 157 vengono persi. Il valore corrisponde a circa il 43% del totale. I dati relativi alle isole (Sicilia e Sardegna) sono ancora più gravi: 200 litri persi ogni 386, corrispondenti al 52%
Queste non sono parole allarmanti uscite dalla bocca di qualche politico allarmista o populista in piena campagna elettorale, ma si tratta dei dati resi disponibili ad inizio agosto dalla CGIA di Mestre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese della cittadina lagunare.
Scendendo più nel dettaglio, nella provincia di Enna vengono immessi ogni giorno 234 litri pro capite; di questi, 64 litri (corrispondenti al 27,4%) non arrivano mai nelle case (fonte: studio della CGIA). Se, da un lato, questi dati, confrontati con quelli nazionali e con quelli delle Isole, potrebbero confortare, dall’altro, non devono trarci in inganno!
Il consumo di acqua in provincia di Enna
I dati generali della CGIA di Mestre ci vengono nuovamente in aiuto per l’interpretazione dei valori relativi alla provincia di Enna. Infatti, sul totale dell’acqua utilizzata nel nostro Paese, il 41% viene impiegata nel settore dell’agricoltura, il 20% per l’Industria e il 15% per la produzione di energia elettrica. Il consumo per uso civile riguarda solo il 24% del totale.
Ora, secondo dati Istat disponibili online, nella provincia di Enna, non si produce energia idroelettrica, l’industria non ha un peso rilevante e l’agricoltura ha un ruolo solo parziale nell’economia della zona: gli occupati nell’agricoltura sono l’8%, nell’industria e nell’edilizia, considerate assieme, il 21%. Il che lascia presumere che buona parte del consumo di acqua sia legato agli usi civili.
Delle due l’una: in provincia di Enna c’è un eccessivo consumo di acqua oppure c’è un elevato spreco, tutto legato al percorso che attraverso le condotte della rete idrica porta l’acqua nelle case degli ennesi e dei nicosiani. Urgono dei lavori per la messa in sicurezza dell’intera rete idrica provinciale.
Siccità eccezionale o siccità nella norma?
Le notizie più recenti parlano di misure drastiche che, in seguito a piogge scarse o addirittura pari a zero, sono state decise dai sindaci dell’ennese.
Prima di proseguire, tuttavia, è necessario aprire una parentesi, al fine di chiarire un punto. Quella di queste settimane è considerata, a torto, da molti un periodo di siccità eccezionale. I mesi estivi, quelli che vanno da maggio ad agosto, a volte anche a settembre, sono storicamente sempre stati dei mesi “secchi” in Sicilia. Il problema della riduzione dei livelli di acqua negli invasi della Sicilia e della provincia di Enna, invece, è dovuto alla siccità – questa sì eccezionale – che ha interessato la regione tra il mese di settembre 2023 e quello di maggio 2024, in particolare per quanto ha riguardato il mese di Ottobre.
Scommettere sul giorno in cui sulla Sicilia tornerà la pioggia abbondante e l’acqua potrà dunque essere erogata di nuovo quotidianamente non è possibile: c’è solo da attendere. Per gli eventi sportivi che riguardano lo sport insulare invece, dai risultati del Palermo all’esito del Giro di Sicilia, è invece possibile approfittare delle offerte degli operatori di scommesse non AAMS che accettano giocatori dall’Italia.
Il razionamento dell’acqua e i nuovi pozzi
Da lunedì 5 agosto, l’acqua in molti comuni della provincia di Enna viene razionata. Ad Enna Bassa, Agira, Cerami e Calascibetta ad esempio, i cittadini potranno aprire i rubinetti solo una volta ogni tre giorni. Peggio di così a Barrafranca, Enna Alta, Gagliano Castelferrato, Nicosia, Piazza Armerina, Pietraperzia, Troina e Valguarnera, dove l’acqua sarà erogata ogni quattro giorni!
Resta da chiedersi che uso faranno dell’acqua gli abitanti della provincia: sapranno gestirla in modo oculato o ognuno tenterà di accaparrarsene il più possibile, per fronteggiare al meglio i tre giorni di chiusura?
Comunque vada, sarà un agosto difficile per gli ennesi che trascorreranno il mese a casa e per gli amministratori impegnati nella ricerca di soluzioni tampone, dell’ultimo momento.
Si mandano in esplorazione i geologi, alla ricerca di nuove potenziali risorse idriche; si ricevono milioni per scavare nuovi pozzi o si utilizzano “fondi propri in regime di somma urgenza”; si mobilita la Protezione Civile regionale.
In alcuni casi, come nella zona nord della Riserva Campanito-Sambughetti a Nicosia dei punti di pescaggio delle acque sono stati rapidamente individuati e verranno attivati entro il mese di settembre.
Ma queste soluzioni possono fare solo da palliativo, possono tamponare delle situazioni, erogando, ad esempio, l’acqua (non potabile) per le attività agricole e per quelle zootecniche, andando così a ridurre la pressione sulla rete idrica tradizionale grazie alla richiesta di acqua per soli usi civili.
Desalinazione dell’acqua: la vera risposta?
Un’altra soluzione, alternativa alla realizzazione di nuovi invasi, su cui l’amministrazione regionale e quelle locali stanno riflettendo è quella dei dissalatori. Va detto, però, che questa non può essere la panacea.
Prima di tutto, a causa dei tempi di realizzazione degli impianti – lunghi – e dei costi – estremamente elevati. In secondo luogo, la desalinazione dell’acqua del mare richiede un elevato consumo di elettricità e necessita di un lungo e problematico processo di smaltimento dei prodotti chimici impiegati negli impianti stessi. Da ultimo, ma non meno importante, nemmeno l’impatto ambientale degli impianti non va trascurato.
Certo, resta l’esempio positivo di paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Kuwait, Israele e una parte della Spagna. Ma la gestione delle scorie va presa in seria considerazione, se non vogliamo che i già esistenti impianti dell’Isola del Giglio (provincia di Grosseto), Ponza (Latina) e Ustica (Palermo), oltre a quelli di futura costruzione, non comportino un aumento dell’inquinamento di cui potremmo pentirci tra non molto tempo.
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