Droga, estorsioni, rapine e mafia: a Palermo 24 arresti

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ROMA – Dalle prime ore della mattina i carabinieri del Comando provinciale di Palermo stanno eseguendo una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 24 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere, estorsione, tentata rapina, detenzione illegale di armi, cessione illegale di armi, furto aggravato, ricettazione, simulazione di reato, produzione e traffico illegale di sostanze stupefacenti e lesioni personali. Gli arresti sono scattati in Sicilia, Emilia Romagna e Puglia.

Le indagini, seguite da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti Giorgia Spiri e Felice De Benedittis, della procura di Palermo, hanno consentito di disarticolare due associazioni a delinquere “risultate connesse con la criminalità organizzata – spiegano i carabinieri -, radicate nei quartieri popolari Cep-Cruillas-San Giovanni Apostolo e Zen 2, del capoluogo siciliano, ma che operavano in tutto il territorio regionale”.

Per gli inquirenti esisteva “una struttura organizzata in modo piramidale con a capo la famiglia reggente dei Cintura”, in cui gli appartenenti erano “meticolosamente organizzati tra loro” e “con turni di lavoro precisi e scandagliati nel tempo”. Gli indagati avevano anche “uno stretto contatto” con soggetti legati alla criminalità comune e con esponenti di vertice di Cosa nostra. Questi ultimi, infatti, sono intervenuti con un’opera di mediazione ogni volta che venivano consumati inconsapevolmente furti ai danni di soggetti appartenenti ad altri mandamenti o di persone a loro vicine, come nel caso di un furto commesso a Castellammare del Golfo o dei furti consumati ai danni della ‘Edil Ponteggi’ di Bagheria, di proprietà di Paolo Scaduto, figlio di Pino Scaduto, considerato “storico esponente della famiglia mafiosa di Bagheria“.

La stretta vicinanza delle due organizzazioni con la malavita comune e con la mafia ha permesso agli inquirenti di acquisire “importanti elementi” in merito alla produzione e al traffico di droga e alle estorsioni. “Gravi elementi di responsabilità penali” sarebbero emersi anche per quanto riguarda il ruolo di alcuni indagati sulla cosiddetta banda degli ‘spaccaossa‘, protagonista di un giro di truffe alle assicurazioni con la simulazione di incidenti stradali.

“Il quadro generale – dicono gli investigatori – faceva trapelare tutta l’influenza dei sodali all’interno della borgata di Cruillas e nel territorio compreso tra Borgo Nuovo, San Giovanni Apostolo e Cep”.

Una organizzazione sarebbe stata “capeggiata” da Andrea Cintura: nonostante fosse rinchiuso in carcere si sarebbe servito dei componenti della sua famiglia, ma anche della collaborazione di altri soggetti, per costringere diversi negozi del quartiere a consegnare settimanalmente somme di denaro che variavano in relazione al tipo di attività commerciale, camuffando le richieste estorsive sotto forma di contributo per l’organizzazione della festa di quartiere.

“Andrea Cintura e il figlio Domenico, collocati al vertice dell’associazione, detenevano il completo predominio sul quartiere – spiegano i carabinieri del Comando provinciale – e su chiunque volesse prendere ogni genere di iniziativa commerciale, compresi coloro che volevano allestire banchi di rivendita e che necessariamente dovevano ottenere il loro benestare”.

L’inchiesta, iniziata nel febbraio del 2017 dopo un furto ai danni di una ditta di fornitura di materiale edile a Lascari, in provincia di Palermo, si è conclusa nel giugno del 2019.

Gli inquirenti hanno infine scoperto “la formazione di un nuovo gruppo criminale”, a causa di un cambio degli equilibri interni del sodalizio principale che faceva riferimento ai Cintura: dinamiche che hanno portato all’allontanamento di uno dei componenti del gruppo principale, “che da lì a poco – raccontano gli investigatori – si sarebbe unito a un nuovo gruppo operante nel quartiere Zen 2”: nel mirino di questa seconda organizzazione anche “diversi obiettivi di pubblica utilità”, come la discarica di Bellolampo e l’acquedotto comunale.

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