Antonio Malaguarnera (CGIL Enna): “il reddito di cittadinanza era un ottimo provvedimento di lotta alla povertà che andava rivisto, ma non annullato”

Antonio Malaguarnera
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Per il segretario generale della Cgil dell’ennese, Antonio Malaguarnera, la riforma del reddito di cittadinanza (rdc) del governo Meloni “è una brutta riforma, una brutta pagina per l’Italia e per la dignità di tante persone, un provvedimento che crea solo disagio sociale a migliaia di cittadini, che porterà tanti problemi di ordine pubblico”.

La riforma del rdc prevede che siano i comuni a farsi carico delle persone alle quali sarà tolto il rdc.  A Malaguernera sembra un “elegante modo di scarico di responsabilità del governo nei confronti dei comuni ed in particolare dei sindaci e dei pochi assistenti sociali spesso anche precari, in servizio nei servizi sociali dei comuni”.

Ma come faranno i comuni a farsi carico di un problema simile se si vedono tagliare da Regione e Stato risorse da destinare ai servizi sociali?  E’, questa, la domanda che si pone il segretario provinciale ennese della Cgil.  Si capisce che è una domanda retorica perché i comuni difficilmente ce la faranno a fronteggiare una complessa situazione di disagio sociale che verrà determinarsi   con il taglio del rec.

Sono 169 mila le persone tra i 18 e i 59 anni, indipendentemente della loro situazione sociale o della loro vulnerabilità, che, essendo considerate potenzialmente occupabili, non avranno più diritto al rdc.   Per la Cgil ennese, “il rdc era un ottimo provvedimento di lotta alla povertà che andava rivisto, ma non annullato”.

Un’ulteriore proroga del rdc sarebbe stata necessaria, secondo Malaguarnera, “per programmare con criterio le alternative e per potenziare e rafforzare anche con assunzioni, quei servizi sociali che ogni giorno lavorano a stretto contatto con i più deboli e con i più fragili, rischiando spesso la propria incolumità”.

Tra le alternative al rdc alle quali pensa Malaguarnera non c’è la carta sociale, alla quale invece pensa il governo Meloni, ritenuta “un’offesa alla dignità delle persone”.

Silvano Privitera


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