PALERMO (ITALPRESS) – Una riflessione comune e a tutto tondo sul conflitto tra Russia e Ucraina, analizzandone radici e conseguenze e considerando il ruolo di quelle entità geopolitiche, ovvero Stati Uniti e Unione Europea, che ricoprono il ruolo sia di spettatori che di interpreti. L’arena di tale dibattito, organizzato da Fondazione Sicilia e Pool antiviolenza e per la legalità, è Palazzo Branciforte, con il presidente della Fondazione Raffaele Bonsignore in veste di moderatore.
L’incontro ha tenuto in considerazione tutti gli aspetti attraverso i quali viene solitamente interpretata una guerra: quello geopolitico, con l’intervento del direttore della rivista Limes Lucio Caracciolo; quello diplomatico, per il quale ha preso la parola Giovanni Castellaneta, già ambasciatore italiano in Iran, Australia e Stati Uniti; e quello economico, per cui è intervenuto Giovanbattista Dagnino, docente ordinario di Economia all’università Lumsa. Al dibattito hanno preso parte anche il sindaco Roberto Lagalla e la presidente del Pool antiviolenza Angela Fundarò.
Il primo cittadino ha sottolineato l’impegno di Palermo “in solidarietà e assistenza a chi dall’Ucraina è arrivato qui. Quand’ero assessore regionale all’Istruzione mi sono adoperato affinchè per i bambini ucraini venissero promosse iniziative volte a insegnare loro l’italiano e dargli modo di integrarsi più velocemente”. Fundarò sottolinea invece la necessità di raccogliere l’invito di Papa Francesco a “non assuefarci alla guerra, ma fare tutto il possibile per la pace”. E la parola pace ricorre più volte all’interno del dibattito, evidenziando come la possibilità di raggiungerla sia nelle mani degli Stati Uniti, ritenuti l’unico mediatore credibile tra Ucraina e Russia. Ma il rapporto sempre più difficile tra quest’ultima e gli americani complica non poco la situazione in quanto, spiega Caracciolo, “la Russia soffre per l’impossibilità di raggiungere la parità di status con il nemico capitalista statunitense, ma sta comunque provando ad approfittare della crisi identitaria che vivono attualmente gli americani. E’ probabile che un presidente repubblicano avrebbe gestito il conflitto in maniera diversa da Biden”.
La differenza di vedute tra democratici e repubblicani dipende, per Castellaneta, dal fatto che “nei dem c’è maggiore sensibilità sul tema dei diritti umani, come hanno dimostrato anche sulla questione Taiwan, rispetto ad altri settori come l’economia o lo sviluppo industriale”. L’ambasciatore esprime una visione pessimista su una possibile fine del conflitto per vie diplomatiche: “Temo che la guerra finirà per sfinimento quando non ci saranno più armi. Una soluzione negoziale che lasci alla Russia i territori strappati all’Ucraina equivarrebbe a riconoscere la vittoria a Putin”. E’ ancora Caracciolo a spiegare l’importanza degli Stati Uniti nel raggiungimento di una pace o un negoziato: “Costituiscono un interlocutore molto più credibile dell’Ue, i cui paesi procedono tutti divisi e stanno affrontando conseguenze socioeconomiche drammatiche, oltre alla paura di essere coinvolti direttamente in un conflitto nucleare”. Nessuna possibilità, per il direttore di Limes, che il Vaticano possa fare da mediatore: “Questa guerra segna il punto più basso della diplomazia vaticana, poichè è stato detto tutto e il contrario di tutto”.
Dei problemi economici affrontati dall’Ue non risentono nè gli Stati Uniti, che non hanno legami commerciali altrettanto stretti con Putin, nè la Russia stessa, che ha visto anzi il suo Pil crescere nel 2022 scavalcando l’Italia al nono posto tra le potenze mondiali. “Si può dire che la mancata coesione dell’Ue e la competizione interna su determinate questioni siano alla base del rafforzamento russo – sottolinea Dagnino, – l’Europa non può avere un ruolo di primo piano nella pace ma può averlo nella ricostruzione postbellica: in tal senso l’attuazione di un Fondo monetario sovrano europeo, proposta dalla Von der Leyen al meeting di Davos, potrebbe essere fondamentale”.
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