Opera Pia “Barone di Falco” di Nicosia, assolti gli amministratori dall’accusa di peculato

Gli avvocati Timpanaro e La Via
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Il Tribunale di Enna in composizione collegiale, presieduto da Paolo Pitarresi, a latere i giudici Nelly Gaia Mangiameli e Marco Pennisi, dopo una udienza fiume, protrattasi sino al tardo pomeriggio, dedicata alle arringhe della difesa, hanno assolto Simone La Giglia, difeso dagli avvocati Salvatore Timpanaro e Piergiacono La Via e Michele Maiuzzo, difeso dall’avvocato Gianfranco D’Alessandro, dal reato di peculato che era stato loro contestato dalla Procura di Nicosia, per fatti risalenti al 2010.

I due imputati erano rispettivamente presidente e segretario dell’Opera Pia Casa di Riposo Barone di Falco di Nicosia.

L’assoluzione è stata pronunciata con l’ampia formula “perché il fatto non sussiste”.

L’inchiesta svolta dalla Guardia di Finanza e coordinata dal procuratore capo della Repubblica Fabio Scavone, prese le mosse dal riscontro di una donazione di danaro di settantamila euro, effettuata dalla signorina Clementina Vetri, storica benefattrice dell’IPAB, e destinata alla realizzazione di una piscina per i giovani e l’intera collettività nicosiana.

Gli inquirenti avevano ravvisato delle irregolarità contabili nella gestione delle somme donate ed il processo aveva preso le mosse nel 2015.  Il Tribunale ennese ora, dopo una lunga istruttoria durata oltre un lustro, assolvendo, con l’ampia formula liberatoria per insussistenza dei fatti, ha riconosciuto la piena innocenza degli imputati, così disattendendo la richiesta di condanna del pubblico ministero.

Il processo vedeva anche contestati altri reati contro la pubblica amministrazione a carico di imputati minori, che sono stati dichiarati tutti prescritti dal collegio giudicante.

I difensori degli imputati hanno manifestato piena soddisfazione per l’esito del processo.

Gli avvocati Timpanaro e La Via, difensori del La Giglia, già Presidente dell’IPAB, raggiunti telefonicamente, hanno dichiarato: “Un Tribunale attentissimo e scrupoloso ha emesso una sentenza di assoluzione con la formula più liberatoria ‘perché il fatto non sussiste’ , accogliendo in pieno le nostre tesi difensive e così restituendo serenità e riabilitando completamente il nostro assistito nella sua dignità di uomo, di amministratore onesto e di alto funzionario già dirigente superiore dell’amministrazione statale”.

 

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